Lunedì 5 aprile il ciclone Seroja si è abbattuto sulle isole del Sudest asiatico con le sue piogge torrenziali, causando inondazioni e smottamenti. Impressionanti le immagini in arrivo dall’Indonesia e da Timor est, tra strade bloccate, alberi sradicati e villaggi sommersi dal fango. Il bilancio delle vittime appare già molto pesante ed è in continuo aggiornamento.
Il bilancio del ciclone Seroja tra Indonesia e Timor est
L’ultimo bollettino pubblicato nella mattinata del 6 aprile dall’Agenzia indonesiana per la gestione dei disastri (Bnpb) parla di almeno 128 morti. La situazione è particolarmente critica nella reggenza del Lembata, dove parti di edifici sono state divelte e trascinate fino alla riva dell’oceano dai torrenti di fango, e nella municipalità del Flores orientale, dove il fango si è riversato su case, ponti e strade, mentre le forti onde impedivano alle squadre di soccorso di raggiungere le aree più remote. Lo riporta al Jazeera.
Complessivamente, stando alla Bnpb, sono oltre 8mila gli sfollati e quasi 2mila le abitazioni danneggiate in forma più o meno grave. In queste ore continuano le ricerche dei 72 dispersi. E questo bilancio potrebbe essere ancora parziale, chiarisce la Bnpb, perché le condizioni meteorologiche estreme dovute al passaggio del ciclone Seroja nelle prossime ore potranno ancora colpire soprattutto la provincia del Nusa Tenggara Orientale.
Il violento impatto del clima nel Sudest asiatico
Nel suo insieme, il Sudest asiatico è particolarmente vulnerabile all’impatto dei cambiamenti climatici. Tra il 2008 e il 2018, 54,5 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case per via dei disastri naturali di carattere meteorologico. Anche se riuscissimo a contenere il riscaldamento globale entro i 2,4 gradi centigradi, spiega un’analisi del Center for strategic and international studies, l’aumento di 50-70 centimetri del livello del mare atteso per la fine del secolo finirebbe per minacciare le condizioni di chi vive in prossimità delle coste. Nel Sudest asiatico si tratta del 77 per cento della popolazione.
Considerato che a queste inondazioni si aggiungono quelle provocate dai cicloni sempre più frequenti, ne derivano serie difficoltà per l’approvvigionamento di cibo e acqua soprattutto delle fasce più povere della popolazione che vivono in aree rurali remote. Con tutto ciò che ne consegue in termini di tensioni e instabilità politica.
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