L’esplosione di una serie bombe nei pressi di una scuola per ragazze di Kabul, in Afghanistan, ha provocato la morte di almeno 55 persone. Le vittime delle deflagrazioni, avvenute sabato 8 maggio, sono in gran parte giovani studentesse, secondo quanto indicato dal ministero dell’Interno della nazione asiatica. Sono circa 150, inoltre, i feriti.
L’attentato a Kabul in un quartiere sciita
Il governo ha precisato che un’autobomba è stata piazzata di fronte all’istituto Sayed al-Shuhada, in un quartiere occidentale della capitale abitato soprattutto da musulmani sciiti. Comunità che viene regolarmente attaccata dagli jihadisti sunniti dell’Isis. Altre due, piazzate nelle immediate vicinanze, sono esplose quando le studentesse stavano tentando di mettersi in salvo. L’obiettivo dell’attentato, dunque, era chiaramente quello di uccidere il maggior numero di persone possibile.
Al momento dell’esplosione, inoltre, molti abitanti del quartiere erano in strada per fare acquisti in vista della festa musulmana dell’Id al-fitr, che segna la fine del periodo di digiuno del ramadan.
Il governo dell’Afghanistan accusa i talebani
Benché non siano giunti ancora rivendicazioni ufficiali, le autorità afgane hanno già attribuito la strage ai talebani. “Questo gruppo di selvaggi – ha affermato il presidente Ashraf Ghani – non ha i mezzi per affrontare le forze di sicurezza sul campo di battaglia. Per questo colpisce nelle piazze in modo barbaro, arrivando ad attaccare edifici pubblici e perfino scuole”. I membri del gruppo armato islamico, attraverso il loro portavoce Zabihullah Mujahid hanno però negato ogni responsabilità e anzi hanno condannato l’attacco.
I talebani hanno anche aggiunto di non essere più autori di attentati a Kabul dal febbraio del 2020, quando fu firmato un accordo con gli Stati Uniti per l’avvio di colloqui di pace. Washington, in particolare, aveva affermato che il 1 maggio avrebbe ritirato i 2.500 soldati ancora presenti in Afghanistan. Ma la data è stata poi procrastinata al prossimo 11 settembre.
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