Il presidente degli Stati uniti d’America Joe Biden ha presentato a Pittsburgh il suo America jobs plan, un maxi-piano da duemila miliardi di dollari che tocca i settori delle infrastrutture, dei trasporti e del lavoro nell’ottica di mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Tra le misure del piano, annunciato il 1 aprile, molte riguardano il tema della transizione energetica: il punto di forza dell’intero piano si chiama, infatti, Clean electricity standard, con il quale Biden vuole obbligare le società quotate in borsa ad aumentare la propria quota di energia pulita e a versare una carbon tax decennale da investire nel settore delle fonti di energia rinnovabile. L’obiettivo è stanziare 35 miliardi per la ricerca tecnologica sui clima e altri 15 per progetti che vanno dallo stoccaggio di energia e di gas serra, passando per l’idrogeno e l’eolico offshore.
La transizione energetica passa dalle rinnovabili
Come hanno dimostrato le recenti interruzioni di elettricità corrente in Texas, la rete elettrica americana necessita di un’urgente ammodernamento. Uno studio del dipartimento dell’Energia ha rilevato che le interruzioni di corrente costano all’economia degli Stati uniti fino a 70 miliardi di dollari l’anno. Attualmente, il fabbisogno energetico statunitense è soddisfatto prevalentemente da combustibili fossili: il 45 per cento, infatti, dipende dal gas naturale, seguito da carbone (24 per cento) e nucleare (17 per cento). Le fonti rinnovabili si attestano sul fondo della classifica, con un misero 12 per cento. Per questo, il piano di Joe Biden obbliga i fornitori di elettricità a garantire entro il 2030 che l’80 per cento della propria produzione provenga da fonti a emissioni zero di co2, per arrivare al 100 per cento entro il 2035. Obiettivi in linea con l’impegno di arrivare a rendere l’intera economia degli Stati uniti carbon-free entro il 2050.
Un altro punto fondamentale del piano Biden in merito alla transizione energetica verso le rinnovabili è quello che riguarda gli incentivi: come si legge nel documento presentato alla Casa Bianca, il presidente ha annunciato l’eliminazione di miliardi di dollari in sussidi alle industrie fossili. Inoltre, per accelerare gli investimenti sulle rinnovabili, viene concessa alle aziende la possibilità di detrarre dalle tasse federali fino al 30 per cento del costo di installazione di impianti fotovoltaici.
Per la transizione energetica servono le multinazionali
Anche le multinazionali devono contribuire attivamente alla transizione energetica degli Stati Uniti. Tra le proposte c’è l’aumento dell’imposta sui redditi societari dal 21 al 28 per cento e quello dell’imposta sui profitti internazionali dal 13 al 21 per cento. Infatti, molte grandi imprese statunitensi pagano meno del 21 per cento, perché hanno sedi produttive in giro per il mondo e spesso fanno confluire gli utili in paesi che hanno un livello di tassazione molto più basso. I maggiori introiti verrebbero investiti in infrastrutture ed energia pulita, ma il piano della Casa Bianca non ha riscosso grande successo tra gli imprenditori statunitensi. Anche se Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, si è dichiarato a favore dell’aumento delle tasse.
Nei prossimi otto anni, Biden punta a investire 35 miliardi di dollari nelle soluzioni tecnologiche più promettenti nell’affrontare la crisi climatica e che “posizionino l’America come leader globale nel settore dell’energia pulita”, afferma il presidente. Più in generale, cinque miliardi andranno a finanziare le ricerche incentrate sulla resilienza climatica. Il resto verrà suddiviso in:
- stoccaggio di energia su scala industriale,
- cattura e stoccaggio del carbonio;
- idrogeno,
- nucleare avanzato (ovvero di quei reattori che offrono, oltre alla generazione di elettricità anche altri benefit, come ad esempio la desalinizzazione dell’acqua),
- sistemi per calcoli quantistici,
- veicoli elettrici (si prevede l’installazione di 500 mila punti di ricarica),
- biocarburanti e di
- trasparenza del ciclo di vita dei prodotti nel settore dell’acciaio e del calcestruzzo.
Gli Stati Uniti puntano sull’eolico offshore
Infine, un capitolo intero la Casa Bianca lo dedica al rilancio delle fonti rinnovabili: nello specifico, gli Stati Uniti puntano su una fonte finora poco sviluppata, l’eolico offshore. L’obiettivo è quello installare 30 gigawatt di impianti in mare entro il 2030 attraverso investimenti annuali per 12 miliardi di dollari su entrambe le coste americane. Secondo i piani del nuovo governo americano, il solo investimento nell’eolico creerà 44 mila nuovi posti di lavoro diretti.
Il nuovo piano americano, per quanto ampio, non è completo. Il World resource institute, organizzazione no profit che dal 1982 lavora in difesa dell’ambiente, evidenzia quali sono i punti scoperti della proposta. In sintesi:
- la mancanza di un limite nazionale alle emissioni al di fuori del settore elettrico;
- il compito di ridurre le emissioni viene lasciato a ciascun stato federale, con rischio di risultati incoerenti;
- mentre le disposizioni indicano il 2040 come limite per rimuovere i veicoli inquinanti, non esiste un piano particolareggiato per l’eliminazione progressiva dei veicoli stessi;
Infine, due i suggerimenti: in primis, si potrebbe aggiungere un programma di sovvenzioni per sostenere la costruzione di linee elettriche sotterranee che sarebbero meno vulnerabili ai danni causati da condizioni meteorologiche estreme. E poi andrebbe previsto un piano di sovvenzioni per riqualificare gli edifici esistenti.
Nonostante queste limitazioni, il World resource institute riconosce che l’ambiziosa agenda di Biden fornisce un ottimo punto di partenza per affrontare la crisi climatica con politiche specifiche capaci di creare posti di lavoro ben retribuiti e affrontando l’eredità dell’ingiustizia ambientale. Il percorso di questa legge è disseminato di buche, ma la direzione, finalmente, è stata tracciata.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.