Il 22 aprile, in occasione della Giornata internazionale della Terra (Earth day) gli Stati Uniti hanno organizzato un summit globale volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche ambientali e spingere i diversi governi a impegnarsi concretamente per contenere le emissioni inquinanti.
All’evento – che si è svolto in modo completamente virtuale a causa della pandemia di nuovo coronavirus – hanno partecipato più di quaranta paesi tra cui anche Cina, India, Russia e Brasile.
L’impegno degli Usa
Il summit per l’Earth day 2021 è stato aperto dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e dalla sua vice Kamala Harris, che hanno parlato dalla Casa Bianca. Biden ha affermato che oggi l’America è “pronta a entrare in azione” contro i cambiamenti climatici, un chiaro cambiamento di rotta rispetto all’atteggiamento passivo e negazionista mantenuto dall’amministrazione Trump nei quattro anni precedenti. Ora, il nuovo presidente mira a dimezzare nei prossimi dieci anni – quindi entro il 2030 – le emissioni inquinanti rispetto ai livelli del 2005, e azzerare le emissioni nette entro il 2050.
Biden ha anche invitato gli altri leader mondiali a rafforzare le misure di contrasto al riscaldamento globale. “Nessuno è in grado di risolvere questo problema da solo”, ha dichiarato, aggiungendo che “i paesi che agiscono ora saranno quelli che potranno maggiormente godere dell’enorme crescita a cui sta andando incontro il settore delle energie rinnovabili”.
Cina, India e Russia
Attualmente, gli Stati Uniti producono circa il 15 per cento delle emissioni inquinanti a livello globale, mentre la Cina rimane in testa alla classifica con il 28 per cento. Il presidente cinese Xi Jinping è intervenuto al summit poco dopo il suo omologo americano, rinforzando gli impegni già presi in precedenza, ma senza fare nuove proposte. Xi ha infatti ricordato che la Cina intende raggiungere il picco delle proprie emissioni entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità entro il 2060. Per questo, l’uso del carbone verrà eliminato a partire dal 2025.
Sulla stessa linea d’onda si è mosso anche il presidente indiano Narendra Modi, che non ha avanzato nuove promesse, ma ha ribadito l’impegno per installare nuovi dispositivi in grado di produrre 450 gigawatt di energia a partire da fonti rinnovabili entro il 2030. L’India è attualmente responsabile per circa il 7 per cento delle emissioni di anidride carbonica, e occupa il terzo posto nella classifica dopo Stati Uniti e Cina.
Anche il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato virtualmente alla conferenza, nonostante le crescenti tensioni tra Mosca e Washington. Il 15 aprile, infatti, gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni nei confronti della Russia per rispondere, tra le altre cose, agli attacchi informatici avanzati dall’intelligence del Cremlino nei confronti di aziende americane. A marzo, inoltre, durante un’intervista Biden si era detto d’accordo nel definire Putin un “assassino”.
“Il clima è un’area di interesse per la Russia, e non vogliamo essere lasciati fuori dalla conversazione”, ha detto però il presidente russo intervenendo al summit per l’Earth day 2021, dimostrando così la volontà di collaborare almeno per quanto riguarda le operazioni di contrasto ai cambiamenti climatici. Nel discorso alla nazione tenuto lo scorso 21 aprile, Putin aveva già promesso di portare le emissioni inquinanti russe al di sotto dei livelli europei nel corso dei prossimi trent’anni.
Bolsonaro: “Stop alla deforestazione non autorizzata”
Nel suo intervento al summit organizzato in occasione della Giornata della Terra, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro si è impegnato per mettere fine alla deforestazione non autorizzata entro il 2030, una mossa che dimezzerebbe le emissioni del paese. Secondo il quotidiano New York Times, però, l’annuncio è stato accolto con estremo scetticismo da parte delle comunità locali e delle associazioni che operano sul territorio: nel corso del suo mandato, infatti, Bolsonaro ha costantemente ridotto il budget dedicato alle iniziative di conservazione e ha allentato le norme relative alla protezione dell’ambiente.
Tra agosto 2019 e luglio 2020 in Brasile sono stati distrutti più di 11mila chilometri quadrati di foresta amazzonica, un aumento del 9,5 per cento rispetto all’anno precedente.
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