Il tema della Giornata della Terra 2021, il rispristino degli ecosistemi, è un invito a riflettere sulla generosità del mondo naturale. Pensate all’amore incondizionato che un animale sa donarci, senza giudicarci né volere qualcosa in cambio: quello è il simbolo della natura stessa, che cerca di prendersi cura di noi e di continuare a offrirci le sue risorse, anche quando la danneggiamo. Nonostante l’abbiamo privata di molto, le basterebbe davvero poco per potersi riprendere. Un piccolo aiuto.
Questo è proprio ciò che possiamo imparare dal progetto di coral restoration del Marhe center, un prestigioso centro di ricerca inaugurato nel 2009 dall’Università di Milano-Bicocca sull’isola di Magoodhoo, nell’arcipelago delle Maldive. L’obiettivo del centro è quello di favorire il ripristino delle scogliere coralline, fra gli ecosistemi più preziosi al mondo, collaborando con il governo maldiviano. Ci facciamo raccontare qualcosa in più dal professor Paolo Galli, direttore del Marhe center, che ha la fortuna di trovarsi alle Maldive in questo momento e che si collega direttamente dalla spiaggia. Per lui, ricostruire la scogliera corallina è come restaurare un’opera d’arte che ha solo bisogno di tornare alla sua bellezza originaria.
In che cosa consiste il progetto di coral restoration portato avanti dal Marhe center dell’università Bicocca?
Quando parliamo di coral restoration, parliamo di restauro della scogliera corallina. In caso di un quadro danneggiato, entrano in gioco i restauratori; nel caso della coral restoration, entrano in campo i biologi marini che hanno imparato come restaurare le scogliere coralline danneggiate dai cambiamenti climatici: quando la temperatura dell’acqua raggiunge i 32 gradi, purtroppo i coralli muoiono.
Questa non è la condizione finale: noi possiamo in qualche modo cercare di aiutare l’ambiente a tornare alle condizioni precedenti al disastro. Come si fa? Uno dei modi è quello di utilizzare la coral restoration. Prima si fanno crescere i coralli all’interno di una specie di “vivaio”, poi questi vengono ripiantumati – pur essendo animali, si comportano un po’ come le piante – nella zona di scogliera corallina compromessa, che può così riprendersi.
Perché le scogliere coralline svolgono un ruolo fondamentale all’interno dell’ecosistema di cui fanno parte?
Se parliamo da un punto di vista umano, le barriere coralline sono essenziali perché proteggono tutti gli abitanti che vivono in prossimità della costa dalle forze del mare. La scogliera corallina è proprio una barriera fisica che impedisce alla forza del mare di arrivare con violenza sulla costa e comportarsi un po’ come uno tsunami, entrando nell’entroterra e penetrando nelle falde acquifere, distruggendo così la popolazione.
Dal punto di vista della biodiversità, sono in grado di permettere la sopravvivenza di tantissimi organismi perché vengono utilizzate come fonte di cibo, come riparo, come zona di riproduzione. Senza la scogliera corallina, non ci sarebbe la grande varietà di vita attualmente presente nell’oceano, perché tutta la catena alimentare degli ecosistemi marini tropicali parte proprio dai coralli.
Il Marhe center è attivo già dal 2009: adesso che avete siglato un accordo col governo della Repubblica delle Maldive, quali sono gli obiettivi che intendete raggiungere?
Innanzitutto, è un grande riconoscimento che abbiamo avuto perché il governo delle Maldive ha identificato nel Marhe center il centro cui rivolgersi per stilare le linee guida sulla progettazione della coral restoration. Questa, infatti, può essere condotta in vari modi, alcuni migliori di altri; noi stileremo le linee guida che verranno utilizzate all’interno di uno stato, quello delle Maldive, che permetteranno di ricostruire le barriere coralline su tutto il territorio. Questo, quindi, è un grande traguardo e un grande onore per noi.
Il vostro centro è un importante polo di ricerca riconosciuto a livello internazionale: attirate scienziati da ogni parte del mondo?
Il nostro centro è un open source che può essere utilizzato da ricercatori e studenti di tutto il mondo: loro ci devono dire, ovviamente, quali sono i temi che vogliono trattare; se sono in linea con ciò di cui si occupa il Marhe center, noi li lasciamo lavorare.
Il centro è perfetto dal punto di vista della tecnologia: chi viene ha degli strumenti a disposizione che normalmente si trovano in Europa, in America – non dimentichiamoci che siamo in mezzo all’oceano Indiano. E poi possono fare tutto anche da un punto di vista formale e burocratico: noi diamo le autorizzazioni a raccogliere i campioni, diamo l’autorizzazione a entrare con un business visa (un visto per svolgere attività lavorative, ndr); non facciamo entrare persone come turisti. Noi non siamo turisti: siamo lì a lavorare, a raccogliere dati e trovare soluzioni che poi mettiamo a disposizione dei politici, che sono quelli che devono prendere le decisioni.
Che rapporto c’è fra la popolazione maldiviana e l’oceano?
La percezione che ho è che loro abbiano ben presente l’importanza delle scogliere coralline, da cui dipendono. Hanno meno presente come gestirle, quindi hanno meno consapevolezza riguardo ai fenomeni che le possono distruggere, alle azioni che possono mettere in pericolo questa risorsa. Ecco perché noi mettiamo tutti i nostri dati a disposizione della popolazione locale; spesso, inoltre, teniamo dei corsi aperti a tutti e per i maldiviani, ovviamente, c’è una disponibilità massima, in modo tale che tutti possano avere le competenze e la sensibilità per capire cosa bisogna fare.
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