Non si può pensare alla democrazia senza tener conto della libertà d’espressione. Ma parlarne oggi è complicato, perché sebbene sia espressamente sancita e tutelata dalle più importanti convenzioni internazionali, la libertà d’espressione, che rientra tra i diritti fondamentali dell’essere umano e sia l’emblema dei diritti di libertà, è quotidianamente violata e calpestata in maniera più o meno grave in quasi tutti gli stati del mondo.
Riconosciuta normativamente per la prima volta con la Costituzione statunitense del 1787, è col tempo divenuta uno dei capisaldi degli ordinamenti democratici, in quanto espressione del connaturale bisogno dell’individuo di esprimere liberamente il proprio pensiero, individualmente o collettivamente, tramite la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione. Diritto che si collega intrinsecamente all’identità politica, religiosa e culturale del singolo e di ogni nazione, seppur la diversità di questi fattori è spesso causa di scontri che si traducono in limitazioni della libertà in questione.
Nonostante il diritto internazionale riconosca questo diritto fondamentale, ancora una volta la tutela riconosciuta sul piano normativo non si traduce negli stessi risultati dal punto di vista dell’effettività, a testimonianza che la comunità internazionale ha ancora molta strada da fare nel rendere effettiva l’osservanza dei principi convenzionali.
Tra i più importanti strumenti del diritto internazionale convenzionale a tutela della libertà d’espressione sono da annoverare:
art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che sancisce: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”;
art.10 della Convenzione Europea dei diritti umani che stabilisce: “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive”;
art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”.
Anche la Costituzione Italiana all’art 21. tutela uno dei capisaldi del nostro stato democratico stabilendo che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. La norma riconosce a tutti, cittadini e stranieri il diritto di esprimere le proprie opinioni, salvo che si pregiudichino altri valori costituzionalmente tutelati. Allo stesso tempo riconosce la libertà di informare e di informarsi, che i traduce nel più ampio diritto all’informazione e quindi al diritto di cronaca, satira e critica.
La libertà d’espressione è un concetto molto ampio che ricomprende nel novero delle sue articolazioni la libertà di parola, la libertà di stampa, e dunque anche la libertà di informare ed essere informati. E, sebbene rappresenti un diritto fondamentale dell’individuo, connaturato all’esigenza di esprimere il proprio pensiero, in quanto espressione ultima e più alta del concetto di libertà individuale la stessa non è esente da limitazioni che le legislazioni nazionali e il diritto internazionale prevedono espressamente.
Al di là dei casi estremi, in cui la suddetta libertà e limitata a causa di divergenze dal punto di vista politico, religioso e culturale, in regimi dittatoriali dove il catalogo delle libertà è continuamente mortificato, il diritto internazionale prevede che limitazioni alla libertà d’espressione sono ammesse purché ricorrano tre requisiti: 1) siano specificate dalla legge; 2) sussista il perseguimento di uno scopo legittimo; 3) siano necessarie e proporzionate al raggiungimento di quello scopo.
Per esempio, nella disciplina del diritto di cronaca, intrinsecamente collegato della libertà in questione, i mass media ed i portavoce dell’informazione, scritta o radiotelevisiva, sono tenuti all’osservanza di parametri sanciti nelle convenzioni internazionali prima citate. I tre limiti da rispettare nella column activity sono: 1) realtà dei fatti; 2) pertinenza; 3) continenza.
L’art. 10 della CEDU al comma 2 sancisce, infatti, che l’esercizio della libertà d’espressione “poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”.
Fondamentale nell’inquadrare la disciplina delle limitazioni consentite, in relazione alle quali vige la riserva di legge, è stata la giurisprudenza della Corte EDU che ha tentato di rendere più concreta la genericità della formulazione normativa del 2°comma. Nel caso Margareta e Roger Andersson c. Svezia la Corte ha stabilito che “ l’espressione previste dalla legge richiede che la misura contestata abbia una base in diritto interno, ma concerne anche la qualità della legge in questione: ne richiede l’accessibilità agli interessati e una formulazione molto precisa per consentire loro avvalendosi, se del caso, di pareri specialistici di prevedere, ad un livello ragionevole nelle circostanze di causa, le conseguenze che possono scaturire da una determinata azione. Una legge che conferisce un potere discrezionale non contrasta di per sé con tale requisito, a condizione che l’estensione e le modalità d’esercizio di simile potere siano definite con sufficiente chiarezza, considerato lo scopo legittimo in gioco, per fornire all’individuo una protezione adeguata contro l’arbitrio”.
Un altro caposaldo in materia di limitazione alla libertà d’espressione è l’art. 29 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo che stabilisce:“Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico, e del benessere generale in una società democratica. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e principi delle Nazioni Unite”.
Dai risultati dell’analisi normativa si nota chiaramente che, nell’affrontare la tematica della libertà d’espressione, emerge un rapporto dialettico tra l’esercizio pieno del diritto fondamentale e i limiti imposti al diritto stesso. Il catalogo delle libertà fondamentali, seppure sia incardinato su capisaldi invalicabili, si arricchisce continuamente grazie alla costante necessità di rendere equilibrato il rapporto con i limiti e le emergenti istanze. Limitazioni che, seppur previste dal punto di vista normativo e ancorate a presupposti ben definiti, dimostrano quanto spesso anche in materia di diritti fondamentali sia necessario un costante ed attento bilanciamento tra la pienezza e l’effettività del diritto e il rispetto delle contestuali esigenze di tutela di cui gli ordinamenti democratici si fanno portatori.