È stata una delle regioni al mondo più colpite da Covid-19. È quella con la maggior contaminazione del suolo e delle acque interne in Italia. E dove si respira la peggiore aria. La pianura Padana resta l’area più inquinata d’Europa e ciò di certo non fa bene alla salute dei suoi abitanti. Sono tanti gli elementi che rendono la situazione così complessa, a partire dall’eccesso di circolazione di mezzi privati e pubblici con emissioni ancora fortemente inquinanti. Senza dimenticare industrie, allevamenti intensivi, riscaldamenti. Insieme ai fattori fisici e metereologici che impediscono il ricircolo dell’atmosfera e la dispersione del particolato, come Paolo Corazzon, metereologo di 3B Meteo ci ha confermato. Tutte concause che rendono l’aria del nord Italia di pessima qualità e che costano alla collettività migliaia di giornate di vita perse e una mortalità precoce per decine di migliaia di persone.
Lo studio Life Prepair conferma: bisogna ridurre traffico viario
Ma quali possono essere le soluzioni? Se ognuno di noi può dare ogni giorno il suo contributo, spostandosi il più possibile a piedi, in bici e con i mezzi pubblici, occorrono misure di sistema, in grado di essere davvero incisive. Intanto, proprio durante la crisi determinata dal Covid-19 si è avuta la riprova che uno dei fattori principali sui quali bisogna intervenire per cambiare rapidamente aria nel bacino padano è la mobilità. La conferma arriva dallo studio europeo Life Prepair che ha elaborato i dati raccolti dalle agenzie per l’ambiente, durante il primo lockdown. Dati dai quali è emerso, per la prima volta, il crollo delle emissioni di biossido di azoto (NO2) del 40 per cento, proprio grazie al fermo trasporti in nord Italia pressoché totale.
Ripartire da una mobilità a emissioni zero nei capoluoghi di provincia della pianura Padana dovrebbe essere, quindi, una priorità nazionale. Così secondo Legambiente che l’ha inserita tra le 10 opere faro proposte al governo Draghi, in occasione della stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Misura che era stata fortemente caldeggiata e sostenuta dal precedente ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Non dimentichiamo che, nella mancanza di politiche dell’aria efficaci che richiedono il coordinamento delle amministrazioni locali, regionali e statali, l’Italia ha ormai a suo carico tre procedure di infrazione da parte dell’Unione Europea. Rispettivamente per non aver rispettato i limiti delle emissioni di PM2,5, PM10 e biossido di azoto. Evidenze che sono riportate anche nel testo del Pnrr, inviato a Bruxelles.
Legambiente: priorità alla mobilità sostenibile
Nonostante ciò la richiesta di Legambiente è rimasta inascoltata dall’attuale esecutivo, come conferma a LifeGate Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile dell’associazione. “Purtroppo nell’attuale recovery plan non ci sono provvedimenti concreti e immediati per far rientrare la qualità dell’aria in pianura Padana e nelle altre città inquinate nei limiti di legge”, ribadisce il responsabile di Legambiente.
“La responsabilità di ciò è da ripartire tra Stato centrale e le regioni. Queste ultime non sono state in grado di predisporre delle schede di piano corrispondenti alle richieste dell’Europa, che prevedono, invece, un passaggio drastico alla mobilità sostenibile”. Secondo Andrea Poggio “le misure presentate dalle amministrazioni regionali in fase di elaborazione del Pnrr, per un totale di due miliardi di euro, erano però obsolete. Prevedevano infatti gli incentivi per la rottamazione e la sostituzione dei veicoli inquinanti con ancora altre auto a benzina o diesel euro 6. Automezzi già vecchi, inquinanti e climalteranti secondo le direttive europee, che praticamente già oggi sforano i parametri delle emissioni di CO2”.
Manca ancora un programma nazionale contro l’inquinamento atmosferico
Intanto proprio nello testo del Pnrr inviato a Bruxelles leggiamo che l’Italia si impegna genericamente a “attuare una riforma in grado di “adottare programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico”, per “allineare la legislazione nazionale e regionale e ad introdurre le relative misure di accompagnamento per la riduzione delle emissioni degli inquinanti atmosferici”, (…) in conformità con gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2016/2284 sui limiti nazionali di emissione e di gas clima alteranti”. In parole povere l’ammissione che al momento, manca ancora un concreto piano nazionale coordinato tra Stato e regioni.
Come si tradurrà tutto ciò nella pratica non è ancora dato saperlo. Di certo, come si legge sempre nel testo del Pnrr uno dei primi passi sarà la costruzione di punti di ricarica per mezzi elettrici e stazioni di rifornimento a idrogeno. Iniziativa prevista dalla Commissione Europea per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e dell’inquinamento entro il 2030. In Italia si calcola che per coprire il fabbisogno energetico richiesto dalla mobilità elettrica, saranno necessari, nel prossimo decennio, oltre 3,4 milioni di infrastrutture di ricarica.
Nel frattempo l’Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea
Ma qualcosa sta succedendo, nel frattempo, come precisa Andrea Poggio. “Il 10 novembre 2020 la Corte di Giustizia europea ha condannato l’Italia per dieci anni di “violazione sistematica e continuata” delle norme sull’inquinamento in quasi tutta la pianura Padana e in numerose altre città”, rammenta. Occorrerà, quindi, intervenire e saranno probabilmente le possibili sanzioni europee a costringere Stato e regioni ad accelerare le decisioni politiche.
“Proprio in questi mesi l’Emilia Romagna, il Piemonte e il Veneto hanno approvato delle delibere di nuove “misure straordinarie” contro l’inquinamento dell’aria”, sottolinea Andrea Poggio. “Questa volta le promesse non basteranno, come spiega bene la stessa delibera veneta: entro due mesi si deve comunicare quanto si intende fare e l’Europa chiederà periodiche verifiche. Se l’inquinamento non diminuisce, scatta subito la sanzione pecuniaria” avvisa il responsabile di Legambiente. Ma, in questo caso, non sarà un sanzione pagata direttamente dall’amministrazione centrale perché “lo Stato italiano potrà rivalersi sui soggetti responsabili”, comprese le “amministrazioni responsabili dell’infrazione”. Informazioni che sono indicate nella delibera della regione Veneto che ha stimato di dover pagare una sanzione tra i 400 e 600 milioni di euro”.
Dal monopattino ai treni, passando per le auto elettriche
Occorre, quindi, secondo Legambiente, più coraggio e visione di futuro. “Certo, la misura richiesta dalle regioni di sostenere economicamente la sostituzione delle auto inquinanti è giustificata a nostro parere. Se da una parte si pongono i giusti limiti di qualità dell’aria, dall’altra bisogna dare a Stati, governi centrali e regionali, poteri e risorse per rinnovare il parco automobilistico, aiutando i cittadini in questo cambiamento e promuovendo la mobilità elettrica in tutte le sue forme, dai monopattini ai treni” spiega Poggio.
“È giusto che ci siano delle risorse pianificate per arrivare più rapidamente possibile alle emissioni zero. E bisogna partire proprio dalla pianura Padana”.
L’inquinamento atmosferico entra nelle nostre case
Come è emerso dai nostri approfondimenti lo smog, composto dal particolato, dal biossido di azoto e dalle altre sostanze inquinanti presenti in atmosfera, entra nelle nostre case, unendosi potenzialmente alla presenza degli indesiderati Voc. “Troppo spesso ignoriamo che la qualità dell’aria esterna è pericolosa anche per l’aria indoor”, ricorda a Lifegate il prof. Gianluigi De Gennaro, docente di chimica dell’ambiente all’Università di Bari, responsabile scientifico della rete di laboratori di analisi “VOC and ODOR”, specializzata sull’inquinamento indoor. “Il rischio è che dovendo arieggiare spesso gli ambienti interni, nelle aree più inquinate e trafficate questa operazione può essere invece diventare controproducente”. Motivo in più per curare di più e meglio la nostra atmosfera. Ne va della nostra salute.
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