a cura di Emanuele Bompan
“Da quando ricordo sono stata un’attivista”. Monica Lewis-Patrick, nata a Kingsport, Tennessee, ha sempre combattuto per i diritti delle comunità oppresse. “Mia madre era una sindacalista. Ha combattuto per i diritti delle donne nell’esercito e ancora oggi a 72 anni è ancora attiva”. Monica inizia il suo percorso di water defender battendosi per i diritti degli studenti black nella sua scuola, “per poter includere la storia degli afro-americani nel curriculum scolastico”.
La storia dell’attivista Monica Lewis-Patrick
Nel 2008 si trasferisce a Detroit, nel pieno della crisi finanziaria. La città è in ginocchio, chiudono numerose fabbriche, il municipio è sull’orlo del collasso. Di notte vengono incendiate le case disabitate per cercare di recuperare valore immobiliare. Sono frequenti i black out e gli stop all’erogazione dell’acqua. Una città disegnata per accogliere oltre tre milioni di persone vede la popolazione crollare intorno ai 700mila abitanti. La utility locale non riesce a stare dietro alla manutenzione di una rete vasta e dispersiva e il municipio non fa nulla per garantire il diritto dell’accesso all’acqua. Ma per Monica è un nuovo inizio. La città fa parte del suo DNA, sono numerosi i parenti che la abitano. Come lo zio Willie Horton, famoso giocatore di baseball con i Detroit Tigers. Presto però si accorge che in città ci sono cittadini di serie A e di serie B. Acqua, istruzione, sussidi. “Mi sono messa in testa che le cose potevano cambiare, così con attiviste come Stephanie MacLellan, Deborah Taylor e tante altre persone abbiamo creato l’associazione We the People of Detroit”.
@WeThePeopleDet the CRC/Community Research Collective discovered a correlation between #Detroit neighborhoods with massive legacy Shutoffs, age, race & COVID 19! https://t.co/33UFHNhLiJ #KeepWaterOn
— WeThePeopleDet (@WeThePeopleDet) May 1, 2021
Com’è iniziata la sua battaglia
La sua lotta per l’accesso all’acqua per tutti inizia nel 2010. “Lavoravo per la consigliera Rev. Joann Watson che mi ha chiesto di organizzare una protesta contro le operazioni di Detroit Water and Sewage, la utility della città”. In quei mesi gira voce che si vuole privatizzare il servizio idrico. Il rischio di fermare l’erogazione dell’acqua per bancarotta si fa sempre più concreta. “Organizzammo una protesta chiamata Nessuno tocchi la nostra acqua, partecipata da più di 5mila persone. Fu un risveglio per la mia coscienza”.
L’associazione We the People of Detroit inizia a lavorare senza sosta. Viene realizzato un collettivo di ricerca di comunità per studiare gli impatti psicosociali dell’assenza di un’infrastruttura idrica nelle case, un lavoro talmente accurato che viene persino ripreso dall’Università di Oxford e diventa un libro Mapping the Water Crisis. La crisi intanto peggiora, sempre più cittadini, la maggioranza afro-americani ed ispanici, sono tagliati fuori dal servizio idrico. “Hanno protetto le banche colpite dalla crisi del 2008 ma non le infrastrutture pubbliche vitali come l’acquedotto. Ed hanno aperto la strada alle privatizzazioni della gestione idrica. In lizza c’era Veolia, il colosso francese della gestione idrica. Ma per il momento siamo riusciti a fermarli”.
To truly ‘Build Back Better,’ our nation must prioritize putting Americans back to work repairing and upgrading the aging pipes we all depend on to deliver our water”@SenDuckworth #WaterInfrastructure & #WaterAffordability MUST Be #BiPartisan https://t.co/qAUoZrri1H
— WeThePeopleDet (@WeThePeopleDet) May 2, 2021
Oggi l’associazione di Monica Lewis-Patrick distribuisce acqua alle case che non sono allacciate alla rete idrica e hanno aperto una linea telefonica per tutte le famiglie che richiedono assistenza. La situazione rimane critica, il municipio non fa abbastanza. “Non c’è un quartiere nella città di Detroit che non sia toccato dai problemi idrici. Le tariffe dell’acqua sono aumentate del 438 per cento, negli ultimi venti anni. Il quaranta per cento degli abitanti vive in condizioni di estrema povertà. Il sessanta per cento di questi sono donne single con due-quattro figli. E tanti sono gli anziani e bambini. Il settanta per cento di chi lavora a Detroit abita fuori, con una conseguente fuga delle entrate fiscali. Ma invece che far pagare di più chi guadagna, usano motivazioni razziste per spiegare i costi elevati di gestione di una rete complessa come quella di Detroit. Nemmeno durante la pandemia, quando il virus colpiva le comunità black e brown, le comunità a basso reddito, nessuno ci ha ascoltato: noi chiedevamo di aprire l’acqua per garantire l’igiene. Nemmeno questo c’è stato, ma a Detroit e in tante altre comunità esiste una correlazione tra la mancanza di accesso all’acqua e le migliaia e migliaia di morti per Covid. È agghiacciante che la nostra democrazia non sostenga l’accesso all’acqua nemmeno in un momento come questo”.
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