I dirigenti del G7, riuniti nel Regno Unito nel corso del fine settimana, si sono impegnati ad incrementare i loro impegni nella lotta contro i cambiamenti climatici. Fissando in particolare l’obiettivo di ridurre del 50 per cento le loro emissioni di gas ad effetto serra, di qui al 2030. Ma non sono riusciti a definire una road map più precisa su alcune questioni cruciali.
Manca una data certa di abbandono del carbone
Ad esempio, non è stata fissata alcuna data limite per l’uso della fonte fossile più dannosa in assoluto per i clima: il carbone. È stato tuttavia trovato un accordo per uno stop, a partire dal prossimo anno, ai finanziamenti concessi ai nuovi progetti che non siano accompagnati da sistemi di cattura e stoccaggio delle emissioni di CO2.
“Siamo stati chiari sul fatto che dobbiamo cominciare ad agire. Aiutando al contempo i paesi in via di sviluppo”, ha commentato il primo ministro britannico Boris Johnson al termine della tre giorni di lavori in Cornovaglia.
Per le Ong il G7 è stato un’occasione mancata
Alle nazioni più vulnerabili saranno concessi infatti 2 miliardi di dollari per agevolare la transizione ecologica. Ufficialmente, inoltre, l’obiettivo resta quello di contenere la crescita della temperatura media globale ad massimo di 1,5 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. I dati forniti dalla scienza, tuttavia, indicano che la soglia potrebbe essere raggiunta molti decenni prima del 2100.
È per questa ragione che il bilancio complessivo delle decisioni assunte sul clima dal G7 è considerato deludente dalle organizzazioni non governative. Greenpeace, ha spiegato che i governi hanno perso un’occasione. Poiché, nonostante l’emergenza climatica, i paesi ricchi non sono riusciti ad imporre una reale accelerazione nel processo di abbandono delle fonti fossili.
Il summit avrebbe dovuto “lanciare” i lavori della Cop26 di Glasgow
“Perché – ha domandato Jennifer Morgan, direttrice generale dell’associazione – non sono stati fissati programmi chiari e scadenze? Il G7 non è riuscito a porre le basi di un successo alla prossima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop26 di Glasgow. Occorre ricostruire un rapporto di fiducia multilaterale tra nazioni ricche e paesi in via di sviluppo”.
Ruth Valerio, dirigente dell’associazione inglese Tearfund, ha parlato di “parole vuote” da parte dei capi di governo, che a suo avviso sono stati “incapaci di lanciare la rivoluzione verde di cui abbiamo bisogno. Il summit avrebbe potuto rappresentare un trampolino per i negoziati della Cop26, ma senza stanziamenti, queste promesse non permetteranno di invertire la rotta sulla crisi climatica”.
Ciò che ci si attendeva dai “sette grandi” era infatti un piano Marshall per il clima, mentre gli impegni appaiono – almeno per ora – soltanto parziali.
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