Concepita per essere biodegradabile e “carbon neutral”, la materia del futuro è destinata a divenire bio-fabbricata, bio-derivata, biogenica e, probabilmente, per mantenere bassi gli impatti arriveremo all’idea di una materia coltivata ad hoc. Questo scenario, che sta cambiando i parametri dell’innovazione, chiede a tutti noi di ripensare il modo di catalogare mentalmente i materiali. E al design e all’architettura, il modo di sceglierli e di farne uso. Tutti i materiali, compresi quelli della tradizione, stanno aggiornandosi sul piano tecnico e fra questi in primo luogo c’è il legno che, a fronte di un profilo di sostenibilità rivolto sempre più al contenimento degli impatti e alla gestione controllata delle foreste, sta acquisendo sorprendentemente prestazioni del tutto paragonabili a quelle dei materiali ad alta tecnologia.
Sulla spinta di una innovazione hi-tech, resa possibile dalle mutazioni attuate a livello della loro struttura nanoscopica e dei processi di trasformazione, i legni offrono oggi una straordinaria pluralità di linguaggi, sia tecnici che formali, restando pur sempre materiali naturali: trasparenti, liquidi, resistenti quanto l’acciaio o il calcestruzzo, espansi, stampabili in 3D, flessibili, cucibili. E molto altro.
Un universo affascinante che, proprio per questo, necessita non solo di misura nelle scelte, ma anche e soprattutto di nuovi linguaggi formali per affermarsi. Come accadde negli anni Ottanta quando, di fronte alla nuova tecnologia dei legni tranciati ultrasottili – che per la prima volta permetteva di ricreare qualunque essenza riproducendola al naturale in sottili impiallacciature di vero legno – Ettore Sottsass, con grande anticipazione e da iconoclasta quale era, aprì con Alpi, per sempre, la via al legno contemporaneo che, pur restando vero nella sostanza, è d’avanguardia nei linguaggi. Solo così il legno bio-tech potrà veramente smettere di parlare al singolare e da potentissima e intramontabile icona naturale, fedele a sé stessa nei secoli, potrà diventare icona della bellezza sostenibile.
Legno trasparente
Con anticipo sulla realtà scientifica, nel 2011 lo studio giapponese di design Nendo, per creare l’illusione di un legno trasparente, propone un tavolo in acrilico disegnato con la forma, l’assemblaggio dei pezzi e la superficie di tavole in legno grezzo. Proposta visionaria del design su un futuro imminente, dove il naturale assume sembianze impreviste. Quel futuro è arrivato.
Negli ultimissimi anni più di un centro universitario di ricerca sui materiali, a livello internazionale, ha lavorato intensamente all’ipotesi di un legno che permetta il passaggio della luce. I vantaggi che porterebbe al mondo del progetto un materiale naturale e potenzialmente a basso costo come il legno, portatore di una nuova trasparenza funzionale, sono evidenti: consentirebbe un mondo di grandi architetture vetrate sostenibili ed economiche, e andrebbe a modificare radicalmente gli oggetti della tecnologia che utilizzano il vetro come interfaccia, dai pannelli solari ai dispositivi elettronici. Ma la vera rivoluzione sta nel fatto che da sola una trasparenza del legno porta a immaginare una nuova estetica della sostenibilità, dove è possibile una tecnologia di straordinaria bellezza, performante, ma emozionalmente vicina al sentire secondo natura.
Tecnicamente il processo con il quale arrivare a ottenere una certa trasparenza nel legno è possibile da qualche anno, grazie all’utilizzo delle nanotecnologie: viene rimossa dalla struttura del materiale la lignina, uno dei biopolimeri componenti le pareti cellulari (responsabile della solidità, dell’opacità e del colore del legno, ndr), senza danneggiarne le microstrutture. E poi i vuoti ottenuti vengono riempiti con un polimero trasparente per ripristinare le proprietà meccaniche del materiale originario, ma con qualità ottiche nuove. Il legno che è possibile ottenere da questo processo è caratterizzato da una trasparenza morbida come quella di un vetro satinato, che modula l’immagine con delicate sfocature, ma fa passare molto bene la luce.
Solo ultimamente, tuttavia, si sono ottenuti risultati incoraggianti nell’applicazione di questi processi a una produzione su larga scala, anche grazie all’ingresso in campo di startup create specificamente da esperti nella tecnologia della cellulosa, con l’obiettivo di fare da collegamento fra mondo accademico e industria. Tra queste importanti ricerche, i primi straordinari risultati sono stati ottenuti in Europa.
Trasparente, strutturale, termoregolato
Si tratta di metodologie di processo oggetto di costanti aggiornamenti, alcune ancora in corso di valutazione sul piano degli impatti complessivi, ma le ricerche pubblicate fanno sperare che fra qualche anno questi nuovi materiali potranno entrare nei progetti di architetti e designer.
Il Kth di Stoccolma (Royal institute of technology svedese) è stato il primo a rivelare gli ottimi risultati ottenuti dal professor Lars Berglund del Wwsc (Wallenberg wood science center), collegato all’istituto, su un legno reso per la prima volta trasparente grazie a tecniche di rimozione chimica della lignina in soluzione. I vuoti lasciati dalla lignina, riempiti con un polimero il cui indice di rifrazione corrisponde all’indice di rifrazione del legno, permettono alla luce di propagarsi attraverso il materiale, che diventa così traslucido. La ricerca del Wwsc si è rivolta soprattutto a immettere sul mercato un legno strutturale alternativo al vetro, adatto alla realizzazione di cellule solari che sfrutterebbero così una risorsa a basso costo e rinnovabile, con il beneficio ambientale della bassa densità e della bassa conduttività termica del nuovo materiale.
È evidente che questo “legno come vetro” potrebbe trasformare il volto delle architetture di domani, nell’ipotesi lo si utilizzi anche in facciata, ma i vantaggi non si limiterebbero a ottenere filtrazioni della luce. Oltre alla trasparenza, questo nuovo legno realizzato dai ricercatori svedesi porterebbe altri interessanti vantaggi, e in primo luogo la possibilità di rilasciare o accumulare calore molto meglio di un vetro. “Lavorando sul tipo di riempitivo degli spazi porosi lasciati vuoti dalla rimozione della lignina si possono ottenere nel materiale proprietà termiche autoregolanti molto interessanti”, spiega Céline Montanari, del team del professor Lars Berglund, in un articolo pubblicato da Kth nel 2016, agli inizi della ricerca.
Montanari si riferisce al riempitivo utilizzato, basato su Pcm (Phase change materials) “detti anche materiali ad accumulo latente, perché sono in grado di cambiare da uno stato solido a uno liquido e viceversa. Vale a dire riempitivi che, passando dalla fase liquida a quella solida, agiscono rilasciando il calore accumulato, o viceversa lo assorbono, e che quindi sono in grado di immagazzinare anche grandi quantità di calore”. I Pcm possono essere di origine organica o inorganica e il team svedese ha utilizzato inizialmente un Pcm biodegradabile, non tossico chiamato Peg, polietilenglicole (un polimero già utilizzato in cosmesi e nei medicinali, di cui abbiamo sentito parlare anche perché utilizzato per la produzione di alcuni vaccini anti-Covid, ndr).
Recentemente, tuttavia, i ricercatori svedesi hanno annunciato nuovi interessanti risultati nella direzione della piena sostenibilità: “Cinque anni dopo aver introdotto il legno trasparente, abbiamo trovato il modo per rendere il composito rinnovabile al 100 per cento – e più traslucido – utilizzando come riempitivo una bio-plastica trasparente a base di agrumi”, come viene dettagliato in un interessante articolo pubblicato il 2 maggio 2021 su Advanced science. L’aspetto fondamentale dei risultati ottenuti in Svezia è che è possibile avere a disposizione un materiale portante con proprietà strutturali, oltre che ottiche, molto competitive, mentre altri legni resi trasparenti rimangono perlopiù materiali decorativi.
Per aggiungere al legno la qualità della trasparenza è entrato in campo anche il Cmi (Center for material innovation) dell’Università del Maryland, negli Stati Uniti, dove un gruppo di ricercatori, guidati dal professor Hu Lianbing, ha ottenuto il legno translucido utilizzando una bioresina epossidica. Il Cmi ha investito soprattutto sulla possibilità di individuare un processo produttivo alternativo alla de-lignificazione basata sull’uso di una soluzione chimica, che consuma generalmente grandi quantità di sostanze chimiche e di energia. Nel 2019 il team americano ha così messo a punto una tecnica di “spazzolatura” chimica della lignina, capace di azionare la trasparenza in tempi rapidi attraverso l’esposizione del materiale all’azione solare. Il legno trasparente ottenuto, di basso spessore (circa un millimetro), ha una trasmittanza (la capacità di un materiale di farsi attraversare dalla luce, ndr) del 90 per cento e, dal momento che, con la spazzolatura, la sostanza chimica deve essere applicata similmente a una vernice, potrebbe essere possibile disegnare pattern trasparenti ad hoc, aggiungendo effetti decorativi al materiale.
I biocompositi di legno trasparente ad alte prestazioni ottiche possono offrire molto soprattutto alla tecnologia del futuro: dall’uso del legno per l’accumulo di calore a legni con una funzione di illuminazione incorporata, fino alle finestre intelligenti. Oltre a fungere da interfaccia nei prodotti di elettronica.
Legni biologici e hi-tech
La rincorsa a una materia bio-hi-tech è alla base del progetto francese Woodoo, sovvenzionato dall’Unione europea nel 2017 su proposta dell’imprenditore francese Timothée Boitouzet, architetto e biologo, la cui azienda, che si chiama anch’essa Woodoo, lavora sulla nanotecnologia cellulosica per sviluppare nuovi materiali a base legno da utilizzare in applicazioni tecnologiche. Spiega Boitouzet su Cordis (il servizio comunitario di informazione della Comunità europea in materia di Ricerca e sviluppo) che il progetto Woodoo “estrae in modo selettivo la lignina e la sostituisce con polimeri speciali, ottenendo nuovi materiali che presentano resistenza meccanica, durata, resistenza al fuoco e nuove proprietà ottiche. Woodoo utilizza legni locali, comprese specie di legno di bassa qualità (faggio, betulla, pino e pioppo tremulo), tutte provenienti da foreste dell’Unione europea gestite in modo sostenibile, entro 300 chilometri dallo stabilimento produttivo. E che potranno portare a un consumo di energia 17 volte minore del vetro, 130 volte minore dell’acciaio e 475 volte minore dell’alluminio. Piuttosto che essere un materiale in antitesi con innovazione e design, il legno oggi può venire trasformato in una nuova generazione di materiali biologici, high-tech e relativamente economici, che potrebbero cambiare profondamente la nostra relazione con le tecnologie. Con Woodoo intendiamo lavorare su questa nuova frontiera, collaborando con produttori di design automobilistico di livello mondiale”. Woodoo è anche il nome di uno dei prodotti dell’azienda con sede a Parigi: un legno hi-tech traslucido e sensibile al tatto, con la trasparenza dell’ambra, sviluppato di recente per produrre interfacce digitali.
Proprio come il tavolo trasparente dello studio giapponese di design Nendo, lanciato al Salone internazionale del mobile di Milano del 2011, anche il progetto giapponese Mui arriva a Milano, per farsi conoscere dalla comunità internazionale dei designer, durante la settimana del design, subito dopo la conclusione della campagna su Kickstarter nell’aprile 2019. Oggi muiLab è una start-up di Kyoto specializzata in “interfacce calme” e il suo prodotto di punta, il sistema di display Mui, utilizza un pannello di aspetto naturale, realizzato in legno trasparente e interattivo, in grado di controllare i dispositivi IoT e connettersi a Internet.
Quando è spento Mui sembra un semplice pannello in legno massello, ma con il tocco delle dita sulla superficie naturale s’illumina un display dall’interno del dispositivo che consente di regolare luce e temperatura della casa, controllare notizie e meteo, riprodurre musica, inviare e ricevere messaggi vocali di testo. Un progetto che trae ispirazione dalla filosofia taoista del mui shinzen, che letteralmente significherebbe “non fare nulla”, ma che per muiLab, come spiega il co-fondatore e ceo, Kaz Oki, “significa proporre una ‘tecnologia calma’, che possa portare un segno tangibile della natura nella vita contemporanea, sfruttando tecnologie all’avanguardia”. Sul pannello interattivo in legno trasparente Mui sono stati acquisiti i diritti di proprietà intellettuale.
E se oltre che trasparente il legno fosse anche liquido e stampabile in 3D?
Nel 2012 il marchio italiano Gucci, mettendo in pratica le nuove politiche di lusso sostenibile del gruppo Safilo e di Kering eyewear, ha sperimentato un legno liquido, materiale che non era stato mai utilizzato prima in quel settore, per la produzione di alcuni dei suoi modelli di occhiali da sole, con l’obiettivo di sostituire i materiali plastici tradizionali.
Naturalmente il confine fra essere pienamente sostenibile e ridurre semplicemente il quantitativo di materiali plastici utilizzati è stabilito dalla possibilità di garantire, anche nel caso del legno liquido, un mix 100 per cento bio in formulazioni sperimentali dove, ad esempio, la fibra naturale di legno viene unita a materiali come canapa o lino e ad additivi anch’essi naturali, come le cere. Le bioplastiche in legno liquido sono materiali composti al 100 per cento da materie prime rinnovabili, nei quali si utilizza la lignina che viene scartata nella produzione della carta (o un altro materiale di scarto della produzione del legno) e che, mescolata con altri materiali, consente di ottenere “granuli” stampabili come una normale materia plastica. Si tratta dunque di materiali a basso impatto.
Uno di questi “legni liquidi” a basso impatto è stato sviluppato dagli ingegneri del Fraunhofer institute tedesco ed è divenuto un materiale di massa, commercializzato dalla società di biopolimeri Tecnaro con il marchio Arboform.
Si tratta di un materiale biodegradabile, combustibile e resistente all’azione del sole che può essere modificato per garantirne la tenuta alla fiamma. Data la grande produzione di legname di alcuni paesi europei, nel Vecchio Continente sono soprattutto le nazioni scandinave, come la Svezia, che hanno investito maggiormente su compositi di questo tipo, basati su scarti della lavorazione del legno e bio-polimeri. Durasense di Stora Enso è un altro di questi materiali nuovi, realizzato con fibre e trucioli di legno uniti a polimeri a base biologica.
Gli importanti risultati che si stanno raggiungendo nella produzione di materiali bio-plastici da un lato e nella rielaborazione di scarti naturali per ridurre gli impatti sulle foreste dall’altro, fanno credere ragionevolmente che oggetti stampati in legno liquido possano rappresentare a breve una buona opportunità per il design di rispettare l’ambiente nel produrre innovazione. Il legno liquido composto al 100 per cento da materie prime rinnovabili può essere stampato a iniezione, venire estruso in fogli e, anche se ancora in fase di sperimentazione, si sta iniziando a utilizzarlo nel design di interni (arredi, o parti interne di automobili a esempio).
Raccolta la sfida della tecnologia, il legno sposta ulteriormente il baricentro dei propri alfabeti da quelli della naturalità a quelli del design industriale: oggi è possibile farne un materiale bio stampabile in 3D. Mix di compositi in legno e materia plastica stampabili sono disponibili già da alcuni anni nelle applicazioni di design, ma sono ancora relativamente pochi i legni 3D con caratteristiche bio.
In un recentissimo articolo, Blaine Brownell, architetto e ricercatore, esperto di materiali avanzati sostenibili per l’architettura e il design e direttore della scuola di architettura dell’Università della Carolina del Nord, mette in guardia circa il paradosso del legno 3D che, pur ricollocando scarti della lavorazione del legno, può essere un boomerang per l’ambiente, se non vengono scelti accuratamente gli altri componenti del mix che rendono possibile la stampa additiva (la sovrapposizione del materiale, strato su strato fino ad arrivare al volume finale, ndr).
Brownell nel suo articolo spiega che normalmente i compositi legno-plastica (Wpc) sono materiali costituiti solo per il 30 o 35 per cento di fibre di legno riciclate, e per il restante 70 o 65 per cento da copoliesteri o, nella migliore delle ipotesi, da acido polilattico Pla (un poliestere da fonti di origine vegetale come mais, grano o barbabietola, ndr). Viceversa, “i ricercatori del Wwsc hanno creato di recente un materiale, stampabile in 3D, ottenuto da nanofibrille di cellulosa mescolate con idrogel, che è completamente biodegradabile. Questo impasto gelatinoso, composto per oltre il 95 per cento di acqua, è adatto per la stampa di strutture tridimensionali che, una volta essiccate in condizioni controllate, sono in grado di mantenere la loro forma”.
Si tratta di un settore di design pioneristico dove lavorano ancora in pochi. Fra questi, un interessante contributo è venuto da Forust corporation, società californiana che utilizza polvere di legno con leganti da rifiuti agricoli riciclati. Con il think-tank creativo Emerging objects ha realizzato una serie di strutture sperimentali in 3D wood, con forme organiche complesse piuttosto inedite. L’immaginario cromatico di questi oggetti, tuttavia, è basato su colori nei toni dei marroni e dei paglia e texture e venature rimangono quelle del naturale.
Un legno affidabile e resistente come il calcestruzzo e l’acciaio
Anch’esso pioneristico, ma quanto mai reale, è il legno strutturale con il quale oggi si possono costruire grattacieli. Il più alto wooden skyscraper costruito finora nel mondo è stato realizzato in Norvegia, precisamente a Brumunddal vicino a Oslo, su progetto dello studio Voll arkitekter, con struttura a vista di 85,4 metri di altezza. Una struttura in legno lamellare a telaio, con travi a pergola arrotondate per ridurre i carichi del vento, e legno Clt (cross laminated timber, vale a dire pannelli in legno massiccio sovrapposti a disposizione incrociata strato dopo strato). Per poter sopportare gli sforzi strutturali, l’edificio è ancorato alla roccia del terreno 56 metri sotto il livello del suolo, ma nonostante utilizzi solai in cemento da 300 millimetri ai piani alti per garantire una massa maggiore e stabilizzare la struttura, produce il 65 per cento di CO2 in meno rispetto a cemento e acciaio.
Si tratta solo del primo di una futura generazione di architetture in legno di grandi dimensioni che renderanno il modello di città ecocompatibili vincente. “Città trasformate in foreste attraverso grattacieli in legno ricchi di verde essi stessi”, come auspicano dal Giappone i ricercatori del Sumitomo research laboratory di Tsukuba, da cui è nato W350, un progetto tecnologico per costruire un grattacielo in legno alto 350 metri entro il 2041, l’anno in cui Sumitomo forestry celebrerà il 350esimo anniversario della sua fondazione.
Disegnato dallo studio di architettura di Tokyo Nikken Sekkei, in collaborazione con il Sumitomo’s Tsukuba reaearch laboratory, il grattacielo W350 sarà un ibrido legno-acciaio con l’ambizioso compito di mostrare l’affidabilità del legno in applicazioni hi-tech. E favorire la ripresa dell’industria del legno nel Giappone contemporaneo, che guarda oggi con molta attenzione alla riforestazione delle aree rurali. Un filo rosso ideale lo lega al Giappone della tradizione, quella tradizione che ha saputo creare templi come il Santuario di Ise, tanto amato da Carlo Scarpa.
Un legno leggero come la schiuma
In una sperimentazione del design italiano degli anni Ottanta, Marco Ferreri disegna una seduta innovativa, Less chair, dove una impiallacciatura sottile in legno viene accoppiata a una schiuma espansa per ottenere un sedile in legno “morbido”. Quindici anni dopo, nel 1996, la famiglia di sedie Laleggera, disegnata da Riccardo Blumer, viene prodotta con una nuova tecnologia dell’industria dell’auto, che Renato Stauffacher acquisisce per l’azienda italiana di design Alias, di cui è alla guida. L’innovazione nasce dopo tre anni di sperimentazione, applicando a una struttura leggerissima in legno massello lo stampaggio a caldo di schiuma poliuretanica all’interno di fogli di cinque millimetri di spessore, pre-tagliati secondo la sagoma della seduta. Il legno compiva così un’altra (apparente) magia strutturale, dove convivevano solidità ed estrema leggerezza (la sedia pesa due chili).
A distanza di trent’anni da quelle innovazioni di design, il legno può essere davvero leggerissimo come una schiuma. Il primo legno ultraleggero è stato sperimentato qualche anno fa in Asia, dove un team di ricercatori della National university of Singapore ha messo a punto un aerogel di cellulosa ricavato dalla lavorazione della carta: la pasta di cellulosa, mescolata a un gas, origina una schiuma solida del tutto paragonabile per prestazioni alle schiume espanse in materiali plastici.
Qualche anno prima, in Svezia, la startup Cellutech (nata per funzionare da acceleratore per lo sviluppo di materiali innovativi a base legno lavorando a stretto contatto con partner industriali e i ricercatori del Wwc di Stoccolma) crea un materiale espanso rinnovabile, a base biologica, ed entra a fare parte dello Stora Enso innovation center for biomaterials. Nel 2020 infine, apre in Svezia il primo stabilimento per la produzione di una schiuma di cellulosa con grande capacità di assorbimento degli urti. Un nuovo materiale espanso a base di legno rinnovabile, biodegradabile e, ultimo ma non meno importante, completamente riciclabile con carta e cartone normali, che rendono la schiuma di cellulosa particolarmente interessante per il design di prodotti del quotidiano.
Flessibile, modellabile, cucibile: il legno diventa materia di design
Siamo abituati a dire legno al singolare, ma oggi più che mai il legno è un materiale che parla al plurale. Dopo decine di anni di una innovazione che andava nella direzione dei materiali artificiali e un design che inseguiva la super performatività, senza distinzione di campo fra materiali con maggiori o minori impatti, è il legno oggi, con le sue molteplici caratteristiche hi-tech, a guidare una straordinaria rivincita del naturale, dove scelte basate su una forestazione responsabile rappresentano solo il punto di partenza. Trasparenza, resistenza, leggerezza, modellabilità a diverse scale, ma soprattutto crescente capacità di mutare le proprietà senza perdere la matrice originaria, fanno dei nuovi legni (e relativi derivati) i protagonisti della nuova, potentissima naturalità che apre la strada a un nuovo design responsabile nell’ambito del quale potranno contribuire, con la sperimentazione di nuove qualità e di nuove estetiche, all’affermazione di una economia bio-circolare all’avanguardia, che non dimentica la tradizione.
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