Storie di martirio usate come favole della buonanotte, lezioni di matematica in cui i problemi da risolvere propongono mitra ed esplosivi invece di caramelle e giocattoli. Addestramenti militari ed esercitazioni corpo a corpo al posto di partite di pallone e pallavolo. Abusi e punizioni indicibili per chi si oppone al sistema. È questa la quotidianità dei bambini allevati fin dal primo respiro all’ideologia dell’autoproclamato Stato Islamico (o Daesh), raccontati nel libro I cuccioli dell’Isis – L’ultima degenerazione dei bambini soldato (Edizioni Terra Santa) di Stefano Luca.
Con questo libro l’autore, che dal 2009 fa parte dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini di Lombardia, tenta di rispondere a una mancanza e a una necessità: quella di “rompere il silenzio e prendere coscienza della degenerazione posta in essere dai movimenti jihadisti contemporanei e in particolare del fenomeno dei cosiddetti cuccioli del califfato, i figli dell’Isis”. Bambini educati all’odio e allevati secondo i dettami dell’estremismo islamico per diventare i mujahidin di domani. Non solo dei soldati, ma veri e propri cittadini del sedicente Stato Islamico.
I cuccioli dell’Isis, un libro per sensibilizzare e offrire strumenti d’intervento
I cuccioli dell’Isis si presenta come un saggio rigoroso e scientifico che ripercorre la storia del fondamentalismo islamico dalle sue origini ad oggi. L’autore, supportato da una solida bibliografia, compie un’analisi dello slittamento dal jihad classico al jihadismo estremista contemporaneo, prendendo in esame la posizione storica e giuridica dell’islam rispetto al reclutamento militare dei bambini. Un unicum a livello internazionale, che affronta l’argomento “non tanto a livello fenomenologico, quanto teologico e giuridico”, spiega l’autore, che ha anche tradotto dall’arabo l’unico testo scientifico legale islamico contemporaneo sull’arruolamento dei bambini e che da anni è impegnato, sia negli studi che sul campo, nell’approfondimento della conoscenza e del dialogo con il mondo musulmano.
All’origine de I cuccioli dell’Isis sta soprattutto il desiderio di sensibilizzare e offrire uno strumento di sostegno per gli interventi di presa di cura di questi bambini
Cuore del libro è la presentazione delle linee guida di un programma innovativo di teatro sociale, contro l’estremismo, per la riabilitazione e il reinserimento dei bambini jihadisti/estremisti. “Un piano di intervento”, spiega fra Stefano, “studiato appositamente per scardinare e disinnescare l’imprinting jihadista dei cuccioli del califfato restituendo loro un nome e un futuro”.
Bambini soldato e bambini jihadisti, due drammi da distinguere
“Il primo grande punto da chiarire quando si affronta questo argomento”, spiega fra Stefano, “è distinguere i bambini jihadisti dai bambini soldato tipici dei conflitti armati, per esempio, dell’Africa sub sahariana. A differenza di questi ultimi, che spesso vengono strappati ai loro villaggi e contesti famigliari con la violenza e costretti ad arruolarsi, i cosiddetti cuccioli del califfato nascono e crescono con un indottrinamento famigliare e scolastico imposto dallo Stato Islamico. Si tratta di un vero e proprio percorso di addestramento fisico e soprattutto psicologico, sostenuto da una sovraesposizione mediatica alla propaganda Daesh, che conduce a una desensibilizzazione alla violenza e a una propensione a formulare soluzioni violente per qualunque problema”.
Un imprinting che, maturando in una delicata fase della crescita, diventa difficile da cambiare e porta i ragazzi a “una fedeltà radicale e radicata”. Ecco perché quella dei cuccioli dell’Isis assume l’aspetto della “più sconvolgente delle armi architettate dai terroristi, per garantire la sopravvivenza ideologica dello Stato Islamico, anche in caso di sconfitta sul campo di battaglia”. Circostanza che si è di fatto verificata, con il califfato ormai ridotto a sparute sacche di resistenza.
È proprio questo il momento per tentare di riscrivere un futuro per questi bambini che non hanno conosciuto altro che la mentalità fondamentalista. Anche se latente e non sempre sistematica la campagna di reclutamento dei terroristi oggi resta strisciante.
L’appello di Papa Francesco, “fermare l’abominio dei bambini soldato”
Per contestualizzare I cuccioli dell’Isis bisogna partire dal programma di intervento missionario Rehabilitation and Reintegration Social Theatre Program (Rrstp) – per bambini formalmente associati a gruppi e forze armate (i cosiddetti “bambini soldato”) ideato nel 2016 dal dipartimento Capuchin social theatre – Caring for life through arts di cui fra Stefano è direttore. Rrstp è un’iniziativa inedita e nata dopo aver raccolto un appello di Papa Francesco che aveva richiamato l’attenzione su questo dramma, chiedendo di “fermare l’abominevole crimine di migliaia di bambini costretti a combattere nei conflitti armati”, spiega fra Stefano, che insieme alla vocazione della fede coltiva fin da giovane anche quella per il teatro.
Il suo curriculum inizia infatti con un diploma all’Accademia dei Filodrammatici di Milano e prosegue con una specializzazione in teatro nei contesti di emergenza e una laurea in teologia (approfondendo gli ambiti ecumenici e interreligiosi). I superiori successivamente gli chiedono di approfondire il mondo islamico e questo lo porta a studiare la lingua araba in Libano e Tunisia e a conseguire la licenza in Arabo e Teologia Coranica presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica di Roma. Oggi, a soli 35 anni, fra Stefano Luca, oltre ad essere il direttore del dipartimento Capuchin social theatre, è il referente nazionale del servizio di Amicizia ecumenica e interreligiosa dei Frati Minori Cappuccini e insegna islamistica presso lo Studio Teologico Laurentianum di Venezia.
Il teatro sociale, una “presa di cura integrale”
A caratterizzare l’opera di fra Stefano in modo unico sono proprio i suoi interventi di teatro sociale, portati avanti con passione per star vicino alle più disparate situazioni di disagio, sia in Italia che in missione. È così che il giovane frate in questi anni è entrato nelle scuole, negli ospedali, nelle prigioni minorili, nelle comunità per tossicodipendenti, trovando formule e approcci diversi a seconda del contesto, che si trattasse di una prigione minorile del Camerun, di un asilo tunisino per bambini svantaggiati o di un centro per i rifugiati siriani.
Il teatro sociale è un’azione di presa di cura che crede fortemente all’integralità delle persone e quindi lavora anche con quelle dimensioni che gli strumenti più classici spesso trascurano. Si lavora sulle emozioni attraverso il corpo.
In questo solco si inserisce il nuovo programma di intervento Against Extremism Rrstp, le cui linee guida sono tracciate in un capitolo del libro, specifico per la presa di cura dei cuccioli dell’Isis. “Va anche detto che gli interventi di teatro sociale da soli non fanno miracoli”, precisa fra Stefano, “sono solo dei tasselli all’interno di un percorso più ampio, che include altri interventi a livello psicoterapeutico e psicosociale”.
Radicalizzazione e foreign fighters, un fenomeno vicino
Parallelamente al dramma dei bambini soldato, c’è un’altra espressione della radicalizzazione islamica che “ci riguarda da vicino. È quella dei foreign fighters”. Un fenomeno che fra Stefano ha vissuto anche in prima persona, attraverso la vicenda di due ragazzi marocchini, radicalizzatisi in Italia e fuggiti nel 2015 dalla comunità di accoglienza per ragazzi in difficoltà Kayrós di don Claudio Burgio. Un viaggio senza ritorno per i due fuggiaschi, segnato dalla morte di uno di loro, caduto in Siria, e dalla condanna di terrorismo internazionale per il secondo. Un colpo durissimo per chi, come lo stesso fra Stefano, li aveva accompagnati per anni in comunità, come raccontato anche da don Claudio Burgio nel libro In viaggio verso Allah. Lettere di un prete a Monsef, giovane combattente islamico (Ed Paoline).
Ma il dramma dell’adesione personale di questi ragazzi alla causa jihadista è solo una parte del problema. “Dopo essere partiti i due cercavano di arruolare altri ragazzi qui in Italia, anche all’interno della comunità stessa”, racconta fra Stefano. “La radicalizzazione a matrice islamica è un fenomeno più diffuso di quanto si pensi e le sue conseguenze sono molto pericolose. Oltre al rischio degli attentati portano a un progressivo scollamento dai processi di integrazione negli stati occidentali. Come si è visto per esempio col modello francese che, complice il laicismo imposto dallo stato, è completamente saltato”.
Fenomeni complessi e articolati cui l’autore tenta di rispondere con gioiosa determinazione e diventando un “artigiano di pace, come chiesto da Papa Francesco”. Oggi anche attraverso il nuovo programma di teatro sociale presentato nel libro e che, nonostante le difficoltà e i rallentamenti causati dalla pandemia, potrebbe trovare presto le sue prime applicazioni.
Quello che ci muove e ci tiene in piedi è la dimensione di fede, che arriva anche laddove la ragione e la forza di volontà sono costrette a fermarsi.
Mentre la prima ristampa del libro I cuccioli dell’Isis è già uscita, l’autore e la casa editrice valutano di investire nuove energie nella traduzione del testo in altre lingue, a cominciare dal francese. Per continuare a tenere alta l’attenzione su un tema che riguarda le presenti e le future generazioni e, con le parole espresse nella prefazione dal vicario apostolico di Aleppo mons. Georges Abou Khazen, “a restituire un futuro e una speranza non solo questi bambini, ma a tutti noi”.
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