Seta, lino, lana, cotone. Sono alcune delle fibre naturali e pregiate, provenienti dalla filiera tessile italiana, che diventano protagoniste di esercizi di fiber art realizzati senza l’uso del telaio. È l’idea di Caterina Fumagalli e Adriana Fortunato che, grazie al progetto Noloom, recuperano tessuti non utilizzati e materiale di scarto – come prove di colore, scampoli e cimose – e, tramite un’operazione di upcycling, li tramutano in opere di art design o prodotti di home couture. Trasformandoli così “da materiali senza più un destino preciso a opere, installazioni arcaiche, in grado di dialogare con un ambiente contemporaneo”, spiega Fumagalli.
Il dialogo fra diverse generazioni e culture
Noloom è l’ultimo progetto di Fibra research, un percorso di progettazione tessile libera nato nel 2019 dall’incontro di Fortunato e Fumagalli, architetti appartenenti a generazioni e culture differenti. “Caterina è una Millenial, generazione dell’adattamento per eccellenza, aperta al cambiamento tecnologico, mentre io faccio parte della cosiddetta generazione Boomer che predilige un approccio face-to-face e che ha dovuto veramente cambiare le proprie abitudini dopo la pandemia”, racconta Fortunato.
“L’emergenza sanitaria ci ha obbligate ad organizzare il nostro lavoro come duo creativo: insieme abbiamo capito come creare un nostro modo di comunicare, dove la tecnologia ci aiuta a raccontare parte del processo creativo e la ricchezza del nostro scambio interculturale. Anch’io sono per metà italiana, ma rispecchio tutte le influenze multietniche legate al Brasile; in Caterina invece è chiara la bellezza della cultura e del racconto delle tradizioni legate al made in Italy”.
L’importanza del lavoro manuale femminile
Noloom è nato proprio durante il primo lockdown dovuto alla pandemia in Italia. Il processo di creazione vera e propria è stato preceduto da mesi di studio, rivolto soprattutto all’arte tessile e all’architettura del movimento Bauhaus, che unisce l’arte al design.
Tutte le opere sono costruite a quattro mani senza l’uso di alcun telaio, seguendo due approcci: uno incentrato sul lino, chiamato Freefiber, e l’altro sull’uso delle cimose, chiamato Cimussa. L’obiettivo delle fondatrici è quello di dar sfogo alla creatività femminile e tradurre il lavoro manuale delle donne come elemento di memoria della tradizione tessile.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.