L’acqua utilizzata per raffreddare i reattori dopo il drammatico incidente alla centrale nucleare giapponese di Fukushima sarà gettata in mare. Mille cisterne piene di liquido radioattivo, per un totale di 1,25 milioni di tonnellate, finiranno dunque nell’oceano. A deciderlo è stato il governo del Giappone, nella mattinata di martedì 13 marzo.
A Fukushima 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva
A dieci anni dall’incidente nucleare, i reattori danneggiati devono ancora essere costantemente raffreddati, al fine di evitare nuove fughe radioattive. Per farlo, è necessaria dell’acqua. Moltissima acqua: 150-200 metri cubi al giorno. Che una volta utilizzata, malgrado i trattamenti, resta fortemente contaminata. Per questo, finora, la si è conservata sul posto, in attesa di una decisione da parte delle autorità. La centrale di Fukushima si è così trasformata in un cimitero di cisterne, contenenti tanta acqua da riempire circa 450 piscine olimpioniche.
“Riteniamo che riversare in mare il contenuto delle cisterne sia un’opzione realista, dal momento che l’operazione sarà effettuata in tutta sicurezza”, ha dichiarato il primo ministro Yoshihide Suga. Aggiungendo che la capacità di stoccaggio della centrale sarà esaurita entro l’autunno del 2022. Ad opporsi con forza sono invece molte organizzazioni non governative. Kazue Suzuki, responsabile della campagna Clima ed energia di Greenpeace Giappone, ha spiegato che “se il governo rilasciasse acqua radioattiva nell’oceano, certificherebbe che le audizioni pubbliche e gli incontri con i gruppi di pescatori che lo stesso esecutivo ha tenuto sono stati una pura formalità. Alcuni dei radionuclidi da rilasciare hanno una durata di vita di migliaia o decine di migliaia di anni”.
Secondo Suzuki, dunque, la soluzione migliore è che si scelga di “continuare a conservare l’acqua contaminata nel sito di Fukushima Daiichi”, mentre al contempo “si svilupperà la tecnologia per rimuovere le radiazioni”.
Lo sversamento in mare dovrebbe cominciare tra due anni, poiché la decisione del governo deve attendere l’ok dell’Autorità di controllo nucleare del Giappone. Ciò in quanto, nonostante un trattamento effettuato attraverso un sistema di filtri chiamato Advanced liquida processing system, l’80 per cento dell’acqua stoccata presenta 62 radionuclidi, tra i quali lo stronzio-90 e il cesio-137, a livelli superiori rispetto ai limiti imposti dalla legge.
La popolazione del Giappone contraria allo sversamento in mare
La società che gestisce il sito nucleare, la Tepco, ha promesso di effettuare un secondo trattamento. Una prova realizzata alla fine del 2020 ha tuttavia permesso di constatare che il trizio, ad esempio, rimane a 272mila becquerel per litro: valore ben più alto rispetto al limite di 60mila indicato dalla normativa. Per questo si tenterà un processo di diluizione per abbassarne il livello.
Anche per questo la decisione non incontra il favore della popolazione: nel mese di marzo un sondaggio effettuato dall’emittente pubblica Nhk ha indicato che il 51 per cento dei giapponesi è contrario allo sversamento in mare. A fronte di un 18 per cento favorevole.
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