Fermatevi un secondo ad osservare questo abbraccio. Fatelo con il cuore, ancora prima che con gli occhi. È incredibile quanto due corpi possano comunicare senza il bisogno di esprimere nessuna parola, in una danza di emozioni che travalica i confini delle specie. Viene spontaneo chiedersi se quel cane abbia mai conosciuto l’amore prima di quella foto. Forse è stata la prima volta che un essere umano ha deciso di stringerlo a sé, per rassicurarlo. Eppure, sembra quasi che sappia di potersi fidare, che sappia che quella persona non è come quelle che ha incontrato finora. Sa che è lì per salvarlo. La foto è stata scattata dall’associazione Four paws in Cambogia, al termine di un’operazione che ha portato alla chiusura di un macello dove in oltre 25 anni è stato ucciso più di un milione di cani. Ora nessuna vita verrà più spezzata in quelle mura. È l’epilogo di una battaglia incominciata un anno fa, che già la settimana scorsa aveva portato alla prima grande vittoria dell’associazione.
Il traffico illegale di cani
Sono 3 milioni i cani che ogni anno, solo in Cambogia, vengono uccisi per la loro carne. Nella maggior parte dei casi vengono rapiti dalle loro case e spostati per tutto il paese attraverso una rete di trafficanti che poi li vende ai mattatoi, dove vengono macellati con metodi disumani (che prevedono anche l’annegamento e l’impiccagione).
Siem Reap è stata la prima provincia del paese a vietare la macellazione e il commercio di carne di cane, nel luglio 2020. Tuttavia, secondo Four paws questo non ha fermato il mercato illegale che ha continuato ad operare in tutto il territorio. I trafficanti viaggiano a bordo di minivan attrezzati con delle piccole gabbie in cui rinchiudono gli animali ed è proprio così che sono stati scoperti.
La scorsa settimana l’associazione è riuscita a intercettare uno di questi mezzi, durante la prima operazione congiunta con il governo cambogiano dall’entrata in vigore del divieto. 61 cani, stipati in dieci minuscole gabbie sono stati salvati e curati immediatamente, mentre le indagini sono proseguite fino ad arrivare al macello in questione.
La maggior parte dei cani rinchiusi ha meno di sei mesi. Abbiamo sentito qualcuno abbaiare e ci siamo resi conto che quel rumore arrivava da un cucciolo ancora più piccolo degli altri. Quando ci ha visti ha fatto di tutto per attirare la nostra attenzione e ci ha salutati con una gioia inspiegabile. L’abbiamo chiamato Albus e gli abbiamo promesso che l’avremmo liberato.
Il racconto degli attivisti dal macello
Benché gli attivisti lavorino da anni in situazioni come queste, ciò che hanno visto in questo luogo li ha segnati per sempre. “Durante la nostra campagna per fermare il commercio di carne di cane e gatto nel sud-est asiatico, il nostro team ha assistito a tante scene inimmaginabili di sofferenza e crudeltà verso gli animali. Ma questo macello è stato il peggiore”, hanno raccontato. “Il lamento dei cani rinchiusi in vecchie gabbie arrugginite. L’odore pungente della loro urina e delle feci esposte al caldo. Quando pensi che le cose non possano peggiorare, vedi due cisterne alte quasi un metro piene di acqua nera, così putrida che ti si rivolta lo stomaco. Centinaia di cani sono stati annegati lì dentro, spellati con una fiamma ossidrica. Molti di loro avevano ancora addosso i collari, segno che in una vita precedente facevano parte di una famiglia che li amava”.
In cuor loro, i cani rinchiusi in quelle mura forse sapevano che le loro sofferenze stavano per finire. “Appena arrivati, abbiamo cominciato a calmare i sedici cani che si trovavano nelle gabbie – ha raccontato Four paws –. Inizialmente sembravano piuttosto timidi, ma non ci è voluto molto prima che si aprissero con noi, mostrandoci tutta la loro gratitudine e gioia verso quell’affetto inaspettato che gli stavamo dando”.
Ancora di più di cibo e acqua questi cani avevano bisogno di essere amati.
Luoghi come questi rischiano di diffondere altri virus
Purtroppo, non tutti i cani erano in buone condizioni. Alcuni sono stati ritrovati estremamente deboli, letargici o febbricitanti. Grazie all’aiuto di Animal rescue Cambodia sono stati trasportati nella clinica della capitale, dove hanno iniziato a curarli. I veterinari hanno scoperto che alcuni di loro erano positivi al parvovirus, un virus contagioso che colpisce principalmente i cani e si trasmette attraverso le loro feci.
Queste strutture – tanto quanto i mercati di animali vivi, gli occidentalissimi allevamenti intensivi, quelli di visoni e tutte le situazioni in cui gli animali vengono abusati, costretti a vivere ammassati tra di loro e tra i loro escrementi –, sono i luoghi ideali per la mutazione di virus, come questa pandemia ci ha dimostrato in modo inconfutabile. Per questo Four paws sta facendo pressioni sul governo cambogiano per estendere il divieto a tutta la nazione ed evitare così il rischio della diffusione di altre malattie zoonotiche.
Leggere queste notizie ci fa sentire sollevati. Nessuno nel nostro Paese è contrario alla chiusura di un mattatoio per cani, nessuno chiederà una macellazione più compassionevole o “umana” (qualunque cosa voglia dire) per questi animali. Riusciamo a sentire il loro terrore solo guardando le foto perché sappiamo che quello che succede in quelle mura è sbagliato a prescindere. Lo vediamo nei loro occhi. Allora perché siamo disposti ad accettare tutto questo per gli animali rinchiusi negli allevamenti, che sappiamo vivere le stesse identiche atrocità?
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