L’economia lineare ci sta trascinando sull’orlo del collasso ambientale. Caratterizzata da abbondanza di prodotti e mercati saturi, dagli albori della Rivoluzione industriale è scandita dall’assunto “produci-consuma-dismetti”. La sua essenza sta compromettendo la capacità dell’ambiente di auto-organizzarsi in cicli virtuosi, impattando negativamente sui servizi ecosistemici indispensabili alla salute e alla prosperità della popolazione mondiale. L’unica soluzione per provare a contenere il danno ambientale e a garantire la disponibilità mondiale di risorse, in progressiva diminuzione, è transire a un’economia circolare, a basso contenuto di carbonio.
I numeri del consumo e dello scarto di materie prime
Nel mondo solo nel 2020, per dare qualche numero, sono state consumate 100,6 miliardi di tonnellate di fonti primarie contro i 27 miliardi del 1970, riporta il Circle economy nel Circularity gap report. Le stime, tali perché oggi non esiste una metrica, dicono che ogni anno i rifiuti solidi urbani prodotti raggiungono le 2 miliardi di tonnellate, principalmente cibo, carta e plastica. Se si riuscisse a rivalutare “il potenziale economico degli output che oggi costituiscono una mera esternalità negativa”, ossia scarti, rifiuti, inutilizzato e non riparato, si potrebbe alimentare un “sistema industriale rigenerativo e ricostitutivo” con conseguente riduzione dei costi sanitari, spiega il giornalista ambientale e direttore di Materia Rinnovabile Emanuele Bompan nella versione aggiornata dello stimolante volume “Cosa è l’economia circolare”, scritto con la ricercatrice e attivista Ilaria Nicoletta Brambilla. La riduzione del costo economico dei rifiuti, che l’economia circolare rende desueti, va cercata in “una responsabilità legale estesa del produttore” che “fornirebbe gli incentivi finanziari”, aggiunge Bompan.
Cosa prevede l’economia circolare
L’economia circolare prevede di ridurre la quantità di materie prime inserite nel sistema, ridisegnare beni e cicli manifatturieri, allungare il tempo di vita del prodotto e garantire la riparabilità dei beni e la permanenza nel sistema economico, così da evitare il rilascio nell’ambiente di sostanze inquinanti come le microplastiche. Un modo per avere un prodotto che riciclo dopo riciclo acquista valore. Alle aziende si aprono molteplici opportunità: dall’offerta di prodotti come servizi agli accordi di performance.
La plastica e la plastica post consumo, ad esempio, si inseriscono perfettamente in questo nuovo flusso economico. “La plastica è un materiale prezioso che non va sprecato. Oggi è largamente impiegata negli imballaggi e negli oggetti usa e getta, come bicchierini e forchette o bottiglie in Pet. Invece, deve essere usata per produrre beni utili, riutilizzabili e condivisibili”, commenta a LifeGate Emanuele Bompan. “Soprattutto, va incrementata la percentuale di rifiuti plastici correttamente recuperati e riciclati. Purtroppo, in Italia soffriamo la carenza impiantistica e le lacune tecnologiche di alcuni impianti di trattamento”.
“Già nella progettazione bisogna evitare plastiche che non possono essere correttamente riciclate”, sottolinea Bompan, “la materia riciclata deve essere sempre riciclabile: capita che l’accoppiamento con determinati materiali crei problemi nel riutilizzo”.
Cogliere le opportunità della crisi
La pandemia da Covid-19 “va vista come un’opportunità storica per guidare il mondo in direzione della sostenibilità”, scrive Ilaria Brambilla, e dell’equità. Le imprese hanno gli strumenti per affrontare con più coraggio la sfida epocale della transizione ecologica. Il 37 per cento dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza dovranno essere destinati agli obiettivi climatici, in linea con il Green deal europeo. In più, con il Circular economy action plan del marzo 2020 la Commissione europea ha presentato azioni concrete per stimolare il passaggio a un’economia circolare.
In Italia sempre più aziende, dalle Pmi alle multinazionali, in particolare della plastica, decidono di ripensare il proprio sistema di business. Nonostante ciò, c’è molto da fare per riuscire ad adottare una visione integrale dell’economia circolare, supportati anche da professionisti e manager dalle competenze circolari e trasversali.
Una breve guida per applicare i principi dell’economia circolare
Il volume di Bompan e Brambilla propone una breve guida che aiuta ad aprire la mente a questo flusso di pensiero e concentra l’esperienza di oltre 200 casi studio. Suggerisce di partire da un’analisi generale del Life cycle assessment dei processi produttivi, grazie allo strumento online circular economy toolkit, e di fissare obiettivi e valori. Poi di stilare una roadmap e condividerne gli obiettivi con tutta la forza lavoro. La fase successiva prevede di ragionare su “tutte le cascate della materia” e spingersi con l’analisi “magari per 20-30 cicli di materia, specie se di origine biologica o complessa”.
“Al cuore dell’economia circolare poi c’è il design attento dei cicli biologici e tecnologici” che “deve tenere conto delle analisi preliminari per ottimizzare i processi”. Così da fare upcycle e “realizzare prodotti che, ciclo dopo ciclo, acquisiscano un valore superiore” senza impattare sullo stock energetico e idrico. Infine, coinvolgere soci, clienti, lavoratori e fornitori, perché “l’interdipendenza dei cicli riduce l’isolamento delle imprese”. Per concludere con il monitoraggio delle performance e la condivisione dei valori. Solo così si riesce ad aderire all’emozionante transizione circolare.
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