Il criterio di prossimità guida le scelte degli italiani nella mobilità urbana. Così l’emergenza sanitaria ha modificato le nostre abitudini, con spostamenti sempre più brevi ed effettuati soprattutto a piedi; a scapito, in primo luogo, del trasporto pubblico locale, che soffre degli effetti dello smart working e delle preoccupazioni legate al contagio. Il quadro emerge dall’aggiornamento del 17° Rapporto “Audimob” di Isfort, l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti.
L’auto resta il mezzo preferito, ma si va sempre di più a piedi
A colpire, innanzitutto, è il deciso aumento degli spostamenti di breve distanza, compresi tra zero e due chilometri e tra due e dieci chilometri: nel 2019 si assestavano al 75,1 per cento, mentre lo scorso anno sono arrivati all’81,3%; in particolare, sono in salita gli spostamenti fino a due chilometri, che nel 2019 rappresentavano il 32,4 per cento della mobilità, mentre l’anno successivo la percentuale è salita fino a sfiorare il 40 per cento.
Muoversi per distanze più brevi non può che avere ripercussioni sulla scelta dei mezzi: l’auto resta al primo posto, ma passa dal 62,5 per cento al 59 per cento. E non a caso il grande balzo in avanti è quello degli spostamenti a piedi, che registrano un 8,1 per cento in più, passando dal 20,8 per cento del 2019 al 28,9 per cento dello scorso anno. Si registra anche un piccolo incremento per bici e monopattini (più 0,5 per cento) e per le moto (più 0,2 per cento), mentre i mezzi pubblici – metro, autobus, ferrovie e car sharing – crollano dal 10,8 per cento al 5,4 per cento.
Nuova mobilità, quanto conta progettare (ora) il futuro
Per quanto riguarda la riduzione della domanda di trasporto pubblico locale, per Isfort siamo in presenza di una “riduzione strutturale” riconducibile allo smart working e a una “altissima percezione di insicurezza da contagio”; a ciò, nel prossimo futuro, potrebbe corrispondere una crescita della domanda legata al tempo libero, in sostituzione di quella connessa al quotidiano tragitto casa-lavoro. Come ha evidenziato Marco Romani, amministratore delegato dell’Istituto, il trasporto pubblico locale è “una variabile destinata a modificare l’approccio alla mobilità del nostro Paese”, anche nell’ottica “degli obiettivi posti dall’Agenda 2030. Mi auguro che i numeri che vedremo nei prossimi dieci anni del rapporto siano non di inversione o di mantenimento della tendenza negativa, ma di assoluto miglioramento. Questo richiede una grande capacità di progettare il futuro, ma anche una grande responsabilità a fronte dell’irripetibile quantità delle risorse disponibile in questo momento”.
Risorse che, nella visione di Isfort, andrebbero impiegate per favorire la mobilità dolce, potenziare il sostegno al trasporto pubblico, riorganizzare i flussi e dare maggiore impulso alla pianificazione, favorendo l’introduzione di figure come i mobility manager. Dallo studio emerge infine la positiva valutazione dei cittadini rispetto agli incentivi. L’80 per cento concorda sugli incentivi per l’acquisto di auto nuove non inquinanti rottamando le vecchie, e l’85 per cento ha sentito parlare di questa misura; gli incentivi per l’acquisto di nuovi autobus sono invece giudicati favorevolmente dall’81,3 per cento del campione, ma solo il 48,3 per cento è al corrente dell’esistenza di queste politiche.
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